Responsabilità medica e sanitaria dopo la riforma Gelli-Bianco

Cosa intendiamo per responsabilità medica e sanitaria, detta anche malpractice medica ?

Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo partire da una imprescindibile  premessa.

La medicina è una scienza la cui attività professionale prevede una certa alea su cui il professionista non sempre può incidere nonostante la massima diligenza impiegata.

Il medico, infatti, nei confronti del paziente, assume una obbligazione di mezzi e non di risultato, nel senso che deve garantire, nell’ esercizio della sua attività professionale, l’impiego della massima diligenza ma non può assicurare il raggiungimento del risultato sperato.

Di conseguenza, il mancato raggiungimento del risultato auspicato, non è, automaticamente, causa di responsabilità medica, in quanto bisognerà valutare se il comportamento dell’operatore sanitario sia stato improntato ai doveri professionali e ai criteri di diligenza qualificata, mancando i quali si potrà parlare di inadempimento e di responsabilità nei confronti del paziente.

Pertanto, per responsabilità medica o sanitaria si intende quel tipo di responsabilità derivante dai danni cagionati ai pazienti, in virtù di errori od omissioni dei sanitari o di carenza strumentale della struttura sanitaria o ancora di mancanza di un valido consenso informato ecc.

Le tipologie di danno risarcibile, peraltro, conseguenti alla malpractice medica, sono le più disparate: dall’errore diagnostico a quello terapeutico o, ancora, a quello derivante da omessa vigilanza per citare i casi più ricorrenti.

La riforma Gelli – Bianco

La legge 24 dell’8 marzo 2017 recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie“, meglio nota come legge Gelli-Bianco, ha introdotto significative novità in tema di responsabilità medica, in sede penale escludendo la responsabilità penale dei medici per imperizia nel caso dimostrino di essersi attenuti alle linee guida validate e pubblicate online dall’Istituto Superiore di Sanità e aggiornate ogni 2 anni ovvero, in mancanza, di essersi attenuti alle buone pratiche clinico-assistenziali, e in sede civile adottando (art.7) un regime a doppio binario nel senso che le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, risponderanno solo per responsabilità contrattuale ex art.1218 del codice civile, in virtù del cosiddetto “contratto di spedalità” instauratosi tra la struttura sanitaria e il paziente, mentre i medici che operano a qualsiasi titolo presso una struttura sanitaria risponderanno per colpa secondo la responsabilità extracontrattuale o aquiliana ai sensi dell’art. 2043 del codice civile in applicazione del principio del neminem laedere, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di onere probatorio (più agevole per il danneggiato in caso di responsabilità contrattuale con inversione dell’onere della prova in capo alla struttura sanitaria), di prescrizione (quinquennale per la responsabilità extracontrattuale e decennale per la responsabilità contrattuale) e di danno risarcibile (limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui era sorta l’obbligazione nelle ipotesi di responsabilità contrattuale colposa).

Con la riforma Gelli-Bianco del 2017, i danneggiati da malpractice medica, prima di rivolgersi al giudice per far valere i loro diritti lesi, debbono obbligatoriamente iniziare la fase conciliativa, condizione di procedibilità della domanda risarcitoria, attraverso la consulenza tecnica preventiva ai sensi dell’ art.696 bis c.p.c. che è quella procedura con la quale viene affidato a un C.T.U., nominato dal tribunale competente, il compito di accertare, in via preliminare, l’an e il quantum della responsabilità medica con una perizia dalla quale partire per trovare un immediato accordo o, in subordine, per decidere di intraprendere il giudizio vero e proprio.

In alternativa alla consulenza tecnica preventiva, le parti possono sempre ricorrere alla mediazione, con l’assistenza obbligatoria di un legale, presentando domanda ad un organismo di mediazione rientrante nel territorio in cui ha la sede il tribunale competente per il giudizio con l’intento di raggiungere un accordo stragiudiziale sulla vertenza.

Le parti hanno l’obbligo di partecipare a tale fase conciliativa prima del giudizio.

Per l’accertamento tecnico preventivo è previsto espressamente il litisconsorzio necessario dell’ impresa di assicurazione verso cui il danneggiato ha azione diretta.

Il giudice, peraltro, con la sentenza, può condannare le parti non intervenute senza giustificato motivo nella fase conciliativa, al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria a titolo di risarcimento danni, determinata equitativamente, in favore della parte comparsa ai sensi dell’art.96 c.p.c. e in sede di mediazione è prevista, altresì, la possibilità che la mancata partecipazione assurga ad argomento di prova ex art. 116, comma 2, c.p.c.

Fallita la conciliazione o, comunque, se il procedimento non si conclude entro il termine perentorio di 6 mesi, il danneggiato potrà rivolgersi al giudice con domanda, da depositarsi entro i successivi 90 giorni nelle forme del procedimento sommario di cognizione ex art.702 bis e ss. c.p.c.

Tra le altre novità introdotte dalla riforma Gelli-Bianco vi è l’obbligo, per tutte le strutture sociosanitarie pubbliche e private, di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi che copra, anche, i danni causati da personale a qualsiasi titolo operanti presso di esse, pure in regime di libera professione intramuraria o in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale o attraverso la telemedicina, e di fare espressa menzione di tale copertura assicurativa nel proprio sito web, indicando specificatamente la denominazione  dell’impresa che assicura sé e i prestatori dei quali si avvale, al fine di favorire l’azione diretta ad opera del danneggiato.

In assenza di tale copertura assicurativa o nel caso in cui la compagnia si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa, i pazienti-danneggiati potranno rivolgersi al Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, alimentato con cadenza annuale dalle stesse compagnie assicurative.

Tale Fondo interverrà anche nel caso in cui il risarcimento dovuto ai pazienti sia superiore rispetto al massimale assicurativo previsto in polizza.

L’art. 4 della riforma, inoltre, pone uno specifico obbligo di trasparenza in capo alle direzioni sanitarie delle strutture pubbliche e private, stabilendo l’obbligo di fornire la documentazione sanitaria del paziente entro sette giorni dalla richiesta di accesso.

Ricordiamo, infine, che col Decreto Balduzzi del 2012, il risarcimento del danno da responsabilità medica della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria avviene sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n.209/2005) con un evidente danno in capo ai pazienti-danneggiati rispetto alle più vantaggiose tabelle milanesi usate precedentemente.